È un inedito salgariano?
No.
Un romanzo d’avventura?
Neanche.
Un conte philosophique?
Neppure.
Un romanzo umoristico?
Nemmeno.
E allora cos’è?
Un po’ di tutte queste cose.
Ma Sandokan e Yanez ci sono?
Sì.
E che fanno?
Eh, Sandokan, per dire, scrive le poesie.
Oddio! …e gli altri pirati?
Dipingono, scolpiscono, recitano, suonano…
Ma è terribile!
È esattamente quello che pensa Yanez.
Lo spleen di Mompracem è un apocrifo salgariano. Una cisti nata e cresciuta nell’interstizio narrativo fra due romanzi del ciclo dei Pirati della Malesia. Un’anomalia fra le pieghe di un corpus di storie anomale anch’esse. Salgari, a cavallo fra Ottocento e Novecento, proponeva all’italietta postunitaria un nugolo di eroi inediti: pirati, indigeni, reietti, strenui avversari della colonizzazione inglese nel lontano Oriente. Lo spleen di Mompracem pone quegli stessi eroi e in particolare Yanez – l’alter ego di Salgari – a confronto con nuove questioni, tutte dei nostri giorni.
Ho immaginato una storia balorda e grottesca: Sandokan – e la banda dei tigrotti con lui – abbandona l’attività piratesca per dedicarsi alla scrittura di mostruose poesie. Yanez, suo fido compagno, ne fa una malattia. E poi cerca di guarire.
Lo Spleen di Mompracem è edito da Miraggi Edizioni.