“Si può quel che si fa” (cit.)

Stato di avanzamento di “In un canto”

Dopo aver accumulato materiali per tre anni – e altri tre non mi sarebbero bastati – questa estate ho cominciato a scrivere In un canto. Sull’onda dell’entusiasmo mi era venuto in mente di dedicare un blog in cui pubblicare fonti, immagini e derive incontrate lungo il cammino. Lo scopo era duplice: tenere un cahier de voyage delle fasi di scrittura e creare curiosità fra le venticinque persone che seguono il mio lavoro. Pietro De Vivo, che sarà l’editor del libro, ha subito lodato l’iniziativa. Bella idea, sì. Peccato, però. A oggi quel blog è fermo al primo post.

Per settimane mi ci sono dannata. Sulla mia to-do-list ho continuato ad appuntare “aggiorna il blog di In un canto” senza mai riuscire a mettere la spunta.

Il tempo è limitato. Pago l’affitto, le bollette e riempio il frigo con una onesta occupazione che ha a che fare con i libri ma non con lo scriverli. Sono una pendolare, ogni giorno mi fotto due ore di vita negli spostamenti. Sono coinvolta in una rete interdipendente di legami di cura. Difendo con le unghie e con i denti il (poco) tempo che posso dedicare allo studio e alla scrittura. E in quel tempo – me ne sto facendo una ragione – non c’è spazio per curare anche un altro blog. Certo potrei limitarmi a incollare i materiali, senza contesto, senza commento. Sarebbe certamente un’opzione non troppo impegnativa. Ma non è così che intendo il mio lavoro.

Unx amicx sta organizzando un incontro su tematiche carcerarie. Mi ha detto che hanno rinunciato a inserire nel programma Far finta di esserne fuori perché è già andato in scena l’autunno scorso in quello stesso territorio ma che avrebbero gradito che portassi un intervento nel dibattito. Non sono stata troppo iperbolica quando risposto che scrivo gli spettacoli proprio per evitare di dover andare a braccio.

Quando porto una cosa sul palco o la stampo su carta ci sono dietro molte riflessioni su forma e contenuto di ciò che dico. Mi rendo conto che non è garanzia di qualità, nutro però una forte speranza: ho fatto tutto ciò che era in mio potere per stare in una postura onesta e a servizio di ciò che credo etico e vero. È questo il modo in cui voglio dialogare con le altre persone.

Scrivere un post a commento dei materiali che potrei pubblicare sul blog, fossero anche poche righe, mi richiede tempo e riflessione. Preferisco usare quel tempo per lavorare su In un canto o portare in giro i miei spettacoli e Contro la politica delle briciole. Il blog per ora resta lì. Magari, quando avrò terminato la stesura del libro, si libererà lo spazio per renderlo vivo. Altrimenti pace: finirà nel paradiso delle buone idee irrealizzate.

PS: Queste righe sono state ispirate dalla lettura di questo articolo.

PPS: Mutuo l’espressione “si può quel che si fa” dal collettivo Wu Ming.

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