Un anno fa circa ho avuto una discussione. Tanto per cambiare, si parlava di Tav. La persona con cui cioccavo diceva che sì, i No Tav avevano le loro ragioni. Però poi diceva che la gente ha votato e bisogna rispettare le decisioni della democrazia e non bisogna esagerare con le proteste. Ribattere è facile, documentatevi, il Movimento No Tav in questi anni ha confutato ogni accusa o obiezione. L’ho smontato in due minuti. Allora lui, messo alle strette, mi fa: «Ma basterebbe che il treno lo facessero passare sui binari che ci sono già».
Io per forma mentis sono abbastanza abituato al paradosso, ma quella volta ho sentito la cinghia trapeizodale del cervello che mi slittava via. Ho cercato di tenere botta allo sconcerto e gli ho detto: «Far passare il treno sulla linea esistente è precisamente ciò che non vogliono fare i proponenti, ed è precisamente ciò per cui i No Tav si oppongono al progetto».
Niente, parole al vento. Il tipo ha continuato a fare capziose distinzioni che sostanzialmente stavano a sottolineare che i No Tav potevano anche dire il verbo, ma lui non avrebbe mosso un dito e che comunque la Tav avrebbe avuto anche dei vantaggi e non si può dire sempre no, e poi dire “pecorella” a uno sbirro è un’infamia.
Poi a casa, ho raccontato la cosa alla mia compagna e le ho detto: «Dovrei scriverci una canzone su queste persone, una cosa tipo la Ballata del Nì Tav».
Bene, ho diligentemente preso l’appunto, ma non l’ho scritta.
Io scrivo canzoni su ordinazione (ordigni), e i No Tav me ne hanno commissionate diverse. In questi mesi, ogni qual volta ero chiamato a suonare a questo o quel presidio, tiravo fuori il quaderno degli spunti e provavo a tirar giù la Ballata del Nì Tav.
Niente, non trovavo il punto di accesso. Mi sembrava che venisse fuori una canzone troppo piccina, senza polmoni, senza respiro.
Poi stamattina cercando notizie sui bombardamenti di Gaza, ho nuovamente potuto notare l’incessante lavorio di opinion maker che a proposito degli attacchi israeliani tirano su gli stessi ragionamenti capziosi dei Nì Tav. Inoltre, due giorni fa, mi sono imbattuto in questo documento che certifica che il cerchiobottismo è una strategia comunicativa studiata, tesa a concedere briciole retoriche per accaparrarsi di fatto la dispensa, la cantina e la cucina.
E finalmente ho collegato: i Nì Tav sono un sottoclan di una tribù molto più estesa, composta da convinti assertori del Nì.
Una volta messa in questa luce la questione, complice l’ascolto reitarato di Cura Robespierre del Wu Ming Contingent, è stato un attimo tirare giù questo pezzo.
Si intitola L’uomo del Nì
.
(La registrazione, come mio costume, è Very Lo Fi, in pausa pranzo, a casa, in soggiorno, voce e ukulele).
Qui testo e accordi, di grande utilità per i vostri falò estivi: se la cantate fate un un figurone e in formato cartaceo vi aiuta ad accendere il fuoco.