La scena del balcone, una serenata apocrifa e le prove di un amore che inquieta

A gennaio scorso mi hanno chiamato dal Molo di Lilith. Erano impegnati nella costruzione del loro Tribunale dei Folli e mi hanno chiesto di partecipare con un numero.
“Scrivi quello che vuoi. Cade il 14 di febbraio, il tema è l’ammmore”.

Romeo… e Giulietta secondo me. Foto di Max Mavi Viale

Io subito ho detto che no, non ci andavo. Poi ci ho ripensato e ho detto sì. Mi era venuta voglia di fare una parodia
Mi sono piazzato davanti alla mia piccola libreria teatrale e mi sono chiesto: quale di questi copioni è il più di amore di tutti?
Ed è venuto fuori (non è un pensiero originale, lo so) Romeo e Giulietta di Shakespeare.

Quando si fa una parodia si devono cercare le situazioni più topiche o più tipiche dell’oggetto da parodizzare e portarle alle loro estreme conseguenze. La scena topica nel copione scespiriano è ovviamente quella del balcone.
L’ho letta, l’ho riletta e mi sono fermato a riflettere sulle parole di entrambi gli innamorati. L’impedimento al loro amore è l’appartenere a due famiglie che si odiano. Giulietta dice “rinnega il tuo nome”, Romeo dice di non essere né Romeo, né Montecchi, “se questo ti causa dispiacere”. Ho pensato: e se fosse davvero solo una questione di nome? Se quelle due famiglie alla fine non fossero così diverse? Se fosse solo un odio di facciata? Magari questi due giovani potrebbero amarsi finalmente alla luce del sole.
Quasi di getto allora ho scritto una canzone. Era il sentimento a far danzare la penna sul foglio e le dita sull’ukulele. Quello che avevo da dire lo avevo interiorizzato, sedimentato, da più di un decennio e avevo già potuto razionalizzarlo discutendo on line (cfr. punto 4) con un Montecchi di Rivalta di Torino, anni fa.
Buttata giù gran parte della canzone sono passato a rivisitare la scena. L’ho scritta sulle mie corde recitative, mi sono aggiustato addosso entrambi i personaggi e lì ho capito che la canzone doveva essere la serenata conclusiva con cui Romeo, ormai promesso sposo, prendeva commiato dalla sua Capuleti. Eccola

[come di consueto la registrazione è la prima take delle riprese effettuate da P. Thinwire al My Kitchen Sound Studio di Orbassano (TO). Qui c’è il testo].

In questi giorni Nicoletta Bourbaki e Wu Ming hanno reso pubblica un’inchiesta che dimostra incontrovertibilmente che Capuleti e Montecchi vanno a braccetto già da un bel po’. Scrivo queste righe non per dire: “l’ho detto prima io”. Sulla vicinanza/somiglianza/fratellanza fra Capuleti e Montecchi puntiamo il dito in tantissimi. Da anni. E sarebbe bello fossimo di più.
Il motivo per cui scrivo queste righe è che vorrei che le tante persone che in questi anni hanno detto che criticando da sinistra i Montecchi si fa il gioco dei Capuleti si prendessero il tempo e la serenità di leggere fino in fondo questo lavoro. Ne vale davvero la pena. Non è roba da saltimbanchi.

Altre letture utili:

Tutto il lavoro foibologico apparso su Giap in questi anni è degno di nota, la foiba è uno dei luoghi in cui Capuleti e Montecchi più volentieri si danno convegno. Fra gli articoli più significativi:
Il #Giornodelricordo: dieci anni di medaglificio fascista.
Viaggio nelle nuove #foibe, seconda puntata. La foiba volante del Friuli orientale

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