Contro la politica delle briciole. Annunciazione 1 di 4

Oops! I did it again

È accaduto lunedì scorso. Ho consegnato all’editore le bozze di Contro la politica delle briciole. La mostruositrans e altre mitologie femministe.

Sì, hai capito bene, questo nuovo libro contiene La mostruositrans (Eris, 2020), già da tempo praticamente esaurita.

Con le sue quattromila copie, si tratta, senza dubbio, del mio libro più venduto. No, l’otto percento di royalties sul prezzo di copertina (sei euri) non mi ha fatta svoltare, tuttavia La mostruositrans ha saputo gratificarmi in altri modi.

Non è tanto la menzione su The vision nella lista dei dieci migliori saggi a tematica LGBTQ+ del 2020, né le interviste e le recensioni. È proprio l’uso che le persone ne hanno fatto. La mostruositrans è stata molto citata, letta ad alta voce, recitata, disegnata, dipinta, danzata persino. E poi ha rotto uova: posso contare almeno dieci persone che si sono scomodate a dirmi cose tipo: “sai, dopo aver letto ho cominciato a farmi delle domande sul mio genere/ho avuto il coraggio di fare coming out/ho rotto gli indugi e cominciato il percorso”. Chi l’avrebbe detto che sessanta paginette potessero toccare nel profondo la vita di altre creature e spingerle a mettersi in azione? Non è l’ambizione più grande di chi scrive? Sì, lo so che non posso prendermi tutto il merito, so che una grossa fetta va all’immaginario mostruoso dispiegato, ma mi sento molto fiera di avergli dato voce e averlo risignificato. Trovo importante che quel lavoro torni in circolazione.

Ma non stiamo parlando di una semplice ristampa. E nemmeno di una edizione deluxe con qualche bonus track. Contro la politica delle briciole è, a tutti gli effetti, un’opera nuova in cui è organicamente inserita La mostruositrans. Uscirà a luglio con Tamu edizioni e stai leggendo il primo di quattro brevi post che ne accompagneranno il lancio.

Grazie, Fabio

La collana Bookblock di Eris ospita libri che in settantamila battute, poco più di un’ora di lettura, provano a offrire una panoramica su un dato fenomeno. Certamente, anche La mostruositrans era un tentativo di inquadrare l’esperienza delle persone trans e offrire un primissimo approccio alle rivendicazioni femministe da una prospettiva situata. Ma in quelle sessanta pagine c’era anche 1) il desiderio di sfuggire alle narrazioni assimilazioniste, paternaliste, vittimistiche, blandamente riformiste e, 2), l’ambizione di proporre immaginari a supporto dell’autodeterminazione dei corpi, delle dissidenze di genere, della confluenza delle lotte e dell’azione diretta. Una cartella zippata, insomma. Spacchettata poi nelle quasi quattrocento pagine di Senza titolo di viaggio (Alegre, 2021).

Io, per me, pensavo di aver finito. Ero certa di aver scritto tutto quello che avevo da dire sulla questione. E, anzi, a persone amiche ho detto: ora basta, voglio scrivere cose in cui trans e femminista sono la prospettiva da cui scrivo e non il tema. Accoppatemi, se contravvengo a questo proposito.

Sono cresciuta convinta di potermi esprimere esclusivamente entro il range emotivo di Bambi. Solo passati i quarant’anni mi sono concessa di far posto alla rabbia, riconoscerne la funzione vitale nella percezione di me e del mondo. E performare un po’ Stitch.

Nella primavera 2024, ho ricevuto tre distinti inviti a spalleggiare lo scrittore Fabio Geda nella presentazione di Song of myself. Un viaggio nella varianza di genere (Feltrinelli, 2024). Forse è spocchia, ma senza quelle sollecitazioni non l’avrei mai preso in mano. A quel punto, però, ero curiosa: quale sguardo cis sull’esperienza trans quegli inviti mi chiamavano a supportare? E quindi l’ho letto.

È possibile che Fabio Geda avesse le migliori intenzioni, è possibile che fosse suo desiderio fornire il miglior servizio possibile ma, di fatto, il libro, per come è scritto, per il campo d’indagine scelto, per le fonti che tralascia, per quelle che seleziona e per come le tratta, consegna le esistenze trans a quel nemico che non ha smesso di vincere (cit) e che insidia il nostro presente, cancella il nostro passato e, scientificamente, spegne ogni scintilla del nostro futuro.

Mi sono infiammata della stessa rabbia iperattiva che possiede Stitch mentre tenta il tutto per tutto per sottrarsi alla gabbia; ho visto sgherri e divise nei paralogismi, nei bias cognitivi, nel voyeurismo, nelle omissioni, nel pietismo che vedevo affiorare nelle pagine di Song of myself, pericoli incombenti che mi hanno spronata a cercare nuovi collegamenti, altre metafore e ulteriori letture.

Lì per lì, a caldo, ho scritto due articoli. Il primo, molto lungo, l’ho pubblicato sul mio blog per urgenza e insofferenza alle richieste di riduzione; il secondo, per incaponimento, si trova sulle pagine web di Jacobin Italia.

Eppure sentivo di non aver fatto abbastanza: gli sgherri restavano lì, alle calcagna, indifferenti a ogni argomentazione. Ci volevano altri mezzi espressivi. Ho girato a vuoto in questa crisi fino a che le creature mostruose sono tornate a farmi visita in una compagnia ben più nutrita di quella del 2020.

Grazie al loro contributo e alle loro voci, Contro la politica delle briciole integra e aggiorna le riflessioni di La mostruositrans e di Senza titolo di viaggio. Un aggiornamento che, mi pare, mantiene il discorso ancora al presente evitando di impelagarsi nella cronaca. Le nuove pagine, per esempio, non entrano nel merito della nomina della commissione dei ventinove esperti cis chiamati a ridefinire i termini dei percorsi di affermazione di genere e nemmeno della caduta in disgrazia dei programmi di diversity management. Questa nuova adunanza viaggia in un canale più profondo, che ha l’intento di chiarire (anche da una prospettiva trans) che inclusione ed esclusione sono fasi diverse di una stessa logica patriarcale e neoliberista. Un ciclo vizio capitale e un ciclo testimonial del capitale, un ciclo oggetto di controllo e un ciclo dispositivi di controllo. Senza mai intaccare chi fa girare la ruota. Ci tornerò su.

Quello che mi premeva dire qui, è che gran parte del merito di questo nuovo libro si deve alle persone amiche che – benché abbia platealmente infranto il mio proposito – non mi hanno accoppata e a Fabio Geda, che ha scelto di dare voce e assumere il punto di vista della classe medica che si occupa delle persone trans.

Che genere di libro

La scaletta di “Contro la politica delle briciole”

Contro la politica delle briciole ha un genere? Rispetto a La mostruositrans saltano agli occhi due grosse differenze. Una, nel 2020 le creature mostruose si esprimevano in prima persona plurale, in un coro unanime, qui invece le sentiamo prendere voce singolarmente in un più complesso e conflittuale dialogo in cui emergono anche contraddizioni, frustrazioni e conflitti; due, non è più (solo) un pamphlet: ha perso la compattezza del manifesto e, spero, conservato l’urgenza, la necessità e l’invito all’azione. Ma questa non è ancora una risposta quindi ancora: che libro è?

In questi cinque anni ho accumulato altre innumerevoli ore di assemblea, sono stata partecipe di riflessioni collettive, confronti, confidenze, letture. Ho cercato di distillare tutto questo materiale in alcuni comte che, se non proprio philosophique, sfociano certamente nel politique. Qua dentro ci sono storie, racconti.

L’intento è – attraverso il ripescaggio di creature che ci hanno preceduto e che hanno già dovuto affrontare la repressione, il confinamento, l’invisibilizzazione, il dileggio – di proporre altri immaginari. Veniamo da lontano, le creature contro natura, ribelli al binarismo – l’architrave del patriarcato – sono sempre esistite. Avere questa consapevolezza, reinventare e tramandare mitologie che ci riguardano, orienta le nostre azioni in maniera diversa che pensarci come una nicchia di mercato, una chance offerta dal capitale, un capriccio tecnoindotto. Occupare i territori dell’immaginario resta fondamentale: Contro la politica delle briciole vuole fare esattamente questo: liberare uno spazio e renderlo attraversabile.

“Occupy Hogwarts”, vignetta di Giannino Dari.

La vignetta qui sopra la disegnò Giannino Dari, a commento di una scena di Mostre & Fiere. Torna qui per una deliberata scelta. Giannino ha prestato le sue opere a questo armamentario che insieme costruiamo ed è una degli illustratrociu che ha contribuito ad arrichire di immagini Contro la politica delle briciole

Per ora chiudo qui. Ci saranno altri tre post di avvicinamento, uno al mese.

Nel frattempo segnatevi che il libro esce il 18 luglio.

Se bazzicate i dintorni di Torino, segnatevi anche venerdì 11 luglio: il giorno in cui, in anteprima, presenteremo il libro alla libreria Norabook.

Nel frattempo, as usual, ci incontriamo per le strade.

Post scriptum

Eh, ci incontriamo per le strade, ma non so bene né quando, né dove, né come. Questa è la settimana in cui sono in pausa dalla scrittura, ma lunedì ricomincio. L’intento è ancora quello: scrivere storie femministe senza che il femminismo sia il tema. Sul mio canale telegram, nei mesi scorsi, ho già accennato al fatto che sto lavorando a un libro nato in una tasca di Se vi va bene bene se non seghe. Si intitolerà In un canto, uscirà per Tamu, nella prima metà del 2026. Questo significa che la politica di rarefazione delle mie uscite pubbliche continuerà fino all’autunno.

Esibirmi migliora la mia salute mentale sotto diversi punti di vista: mi piace incontrare altre persone e realtà, mi piace il confronto che si crea e tengo molto ai legami che si sono instaurati in questi anni, inoltre, il denaro che ricavo dagli spettacoli integra il mio magro stipendio. Rinunciare ancora a spettacoli e presentazioni mi affatica molto, ma scelgo di tirare la cinghia ancora qualche tempo e di buttarmi anima e corpo nella scrittura. Nei prossimi mesi accetterò solo uscite a Torino e dintorni. Ricomincio a segnare date da ottobre. Nel frattempo mi scuso con tutte quelle realtà collettive che mi stanno chiedendo di portare i miei spettacoli nei loro spazi. Raga, grazie della vostra fiducia, giuro che torno.

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