Contro la politica delle briciole. Tre brevi appunti. Annunciazione 2 di 4

Elsa Lanchester in “La moglie di Frankenstein” di James Whale, 1935

I.

La creatura stipula un patto con Victor Frankenstein. Dammi una creatura compagna e tolgo il disturbo. Ce ne andremo ai limiti del mondo conosciuto.

Victor vuole crederci. Sembra l’occasione giusta per liberarsi del mostro. Si chiude in laboratorio e dà vita a un’altra creatura. Quando l’impresa è quasi compiuta, sbrocca e la fa a pezzi. Può fidarsi della parola della prima creatura, ma non ha garanzie sulla seconda: quali pensieri, quali desideri la animeranno? Se rifiuterà di isolarsi avrà il doppio dei problemi e sarà responsabile di un’ulteriore proliferazione di mostri.

In gioventù, in perenne oscillazione fra l’esoterico e l’avveniristico, il dottor Frankenstein ha carezzato l’idea dell’affermazione individuale e del dominio sulla natura. Il suo successivo conservatorismo e timor-di-dio non è davvero in opposizione, è solo l’altro capo di una stessa oscillazione. Il teriocidio della seconda creatura ha lo stesso movente romantico, borghese e mercantile della creazione della prima. Se davvero vuole preservare la società e lo status quo dai desideri aberranti di questa classe mostruosa che rifiuta l’esclusione, non si lascia assoggettare e vuole essere protagonista e non vittima della propria marginalizzazione, non c’è altra soluzione che l’annichilimento.

Le uniche esistenze ammesse sono quelle che garantiscono di confermare e preservare il sistema. Il diversity management mercanteggia questa promessa di stabilità con le creature mostre, ma la minoranza portentosa che muove le leve dell’economia e degli stati nazione si sente più al sicuro mettendo in atto l’esempio antico di Erode: la creatura va soppressa da piccola. Conservatori e reazionari, fondamentalisti di ogni credo, antiabortisti&famiglia, donniste bianche e borghesi sono senz’altro d’accordo. Magari, hanno anche un*amica mostro, perché no, ma nutrono la ferma convinzione che sia necessario impedire la proliferazione, ostacolare la genitorialità, blindare la scuola, i bagni, gli ospedali, gli spogliatoi, i posti di lavoro e di rilievo, appestare e rendere inattraversabile alle creature mostruose ogni ambiente. “Qualcuno pensi ai bambini”, gridano e poi ci pensano così forte che se non possono conformarli allo standard umano che hanno in mente, li fanno fuori.

Alcune delle molte storie di Contro la politica delle briciole esplorano narrativamente proprio questo nodo.

II.

Le creature trans lamentano la sofferenza di non essere riconosciute nei loro nomi e generi di elezione. Si tratta solo di parole? No, non solo. Quando il misgendering e il deadnaming sono intenzionali (non aver previsto protocolli, leggi, consuetudini per riconoscere nomi e generi di elezione ricade nell’ambito dell’intenzionalità) ci troviamo in presenza di valori di riferimento assoluti e indiscutibili che ordinano gli esseri viventi in una rigida gerarchia. Si tratta di una grammatica del genere a cui le persone cis e, soprattutto, le persone trans devono sottostare e uniformarsi. Si tratta di autentica sopraffazione, che genera autentica sofferenza psichica e che ha molti risvolti concreti (cfr. appunto precedente).

Le fluidità dei generi di per sé non sono rivoluzionarie, ma prefigurano cambiamenti e minacciano l’ortodossia, così come nome e generi di elezione mirano a una orizzontalità, un patto fra pari che rischia di minare le gerarchie cristallizzate.

Alcune delle molte storie di Contro la politica delle briciole esplorano narrativamente proprio questo nodo.

III.

La recente sentenza della Corte suprema UK, che riconosce donne solo le persone nate anatomicamente femmine, suona come l’ultima versione del manifesto di quella celebre fattoria: Tutti gli animali sono uguali ma alcuni animali sono più uguali degli altri. Le fazioni donniste che hanno promosso il ricorso hanno in mente proprio quel progetto: lungi dal liberare tutte le creature, vogliono essere partecipi  – effettivamente ne sono state a lungo escluse – dello stesso potere dei padroni maschi bianchi abili etero e cis. Si tratta dunque di farsi spazio nel mondo in cui l’uno per cento degli umani ha dominio e potere sul novantanove per cento delle altre creature, nulla che davvero miri a immaginare un diverso equilibrio. E, d’altronde, mi pare che sia sotto gli occhi di chiunque: una donna in un ruolo apicale può essere una formidabile conservatrice del potere patriarcale. Il donnismo delle varie Maria Rachele Ruiu e Adriana Cavarero protegge quelle frange di società che godono già di quasi tutti i privilegi. Abbiamo tutte le ragioni per pensarne tutto il male possibile.

Io però sono impegnata in una lenta maratona di rilettura del corpus romanzesco di Ursula K. Le Guin e mi sento sfidata a ragionare in maniera meno manichea e – come già fece lei – provare a mettere in crisi la logica assolutizzante del nemico. In uno dei racconti di Contro la politica delle briciole, timidamente, ci ho provato anche io.

Contro la politica delle briciole. La mostruositrans e altre mitologie femministe esce il 18 luglio per i tipi di Tamu edizioni. Venerdì 11 luglio ci sarà una presentazione in anteprima alla libreria Norabook di Torino. Altre presentazioni sono in via di definizione.

Contro la politica delle briciole è illustrato (anche) da Faida Acquifera.

Il primo post di avvicinamento è qui.

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