Giallo, arancio, arancio rinforzato, rosso, rosso relativo, a chiazze, a strisce, a tinte forti, a culo di babbuino. Tutte queste combinazioni di nuance di colori caldi stanno a indicare una sola cosa: anche questo governo, rimpasto salvifico di quello di prima, scarica il controllo della pandemia sulle persone in generale e sulle fasce più deboli e/o considerate improduttive, in particolare.
Quali interventi significativi sono stati fatti nella sanità per poter curare i nuovi casi? Quanti posti letti in più sono stati previsti? Quanto nuovo personale è stato assunto? Quali potenziamenti si sono fatti nel trasporto pubblico cittadino e dei pendolari per limitare i contagi? Quali risorse sono state mobilitate per occuparsi di un fenomeno che ha tutta l’aria di potersi ripresentare facilmente nel futuro?
Ci vuole davvero una sbatta minima per rendersi conto che nessuna di queste azioni concrete è stata fatta.
Allora, se di provvedimenti positivi, lungimiranti, non se ne parla, come si tampona, come si controlla ‘sta pandemia? Con i divieti. Che però riguardano solo la scuola, la cultura, lo sport, la socialità e i luoghi di aggregazione. A dispetto di quanto vogliano mostrarci nelle loro reclame i brand di successo, la libera circolazione dei sentimenti, delle idee, dei corpi è considerata improduttiva. E alla fine ci siamo: è la concretizzazione dell’essere umano completamente votato alla produzione e alla creazione di profitti (quasi sempre altrui). Dice che c’è la crisi, che bisogna stringere i denti, stringere la cinghia. E mentre una cerchia ristrettissima di super ricchi vede moltiplicare gli introiti noi si dovrebbe stare a testa bassa, a far sì che le cose funzionino e/o ad avallare l’idea che sia in corso un’azione sensata di gestione della situazione.
Questo “noi” però non è una zuppa frullata in cui si sta a mollo insieme, ugualmente e indistintamente. La gestione neoliberista della pandemia sceglie accuratamente e secondo una scala di valori precisa chi davvero deve sottostare alle restrizioni e chi deve pagare il prezzo della crisi. Al vertice, a goderne i vantaggi, c’è sempre lo stesso tipo umano: uomo, bianco, etero, cisgender, abbiente, adulto, normodotato. A discesa, con sempre meno potere personale e sociale, tutte le altre categorie di persone.
Il femminismo è allo stesso tempo il movimento, il complesso di pratiche e teorie e l’attitudine che mette in discussione quella piramide di potere ed è, costitutivamente, lotta di classe. Con la sua molteplice azione riunisce le persone che lottano per una maggiore giustizia sociale, una redistribuzione dei pesi, delle responsabilità, delle ricchezze, dell’accesso alle risorse e che hanno consapevolezza che il dominio eterocispatriarcale e il neoliberismo siano i principali responsabili delle discriminazioni sessiste, razziali, di classe, abiliste e della devastazione del pianeta. Coltiviamo il nostro femminismo giorno per giorno, scendere in piazza l’otto di marzo non ci basta, ma sicuramente è questo uno dei giorni in cui facciamo il punto. L’ho fatto anch’io.
Ho dato il mio piccolo contributo (una pillola audio preregistrata) all’evento organizzato da Non una di meno Modena. Avrei dovuto essere in presenza, in piazza con loro, ma l’inasprirsi delle misure pandemiche ce lo ha impedito. Qui l’intera registrazione.
Ho fatto una chiacchierata telefonica con Pamela Cardinali, ai microfoni di Radio Onda d’Urto, per l’edizione del 8 marzo di La polvere della battaglia. Qui il podcast, io parlo al minuto 8,20 della seconda parte.
Il periodo non è dei più semplici, ma ogni momento disponibile lo sto impiegando a scrivere. Spero nei prossimi giorni di uscire con un pezzo lungo. Nel frattempo ci sono altri due appuntamenti. Il 26 marzo sarò di nuovo al telefono, nell’ambito del Festival queer Non solo lesbiche (ex Lesbiche si raccontano) presenterò La mostruositrans. Qui gli aggiornamenti.
Il 28 marzo tornerò a esibirmi. Sarà un’occasione speciale: primo perché di spettacoli dal vivo non se ne vedono molti in questi tempi; secondo, sarò in Valsusa, al Presidio No Tav di San Didero. Porterò in scena l’ormai classicissimo La punk spiegata alla nonna. Lo spettacolo è autorizzato e autocertificabile e si svolgerà all’aperto, di pomeriggio.
Ci vediamo lì, questa volta davvero, in presenza.