Rifiuto, poiché non è nel teatro, che un regista decida che cosa quelle pagine significhino, e lo decida nella capa soja, e cioè non scopra attraverso gli attori in atto, cioè attraverso il gioco degli attori, non cos’è la verità di un testo, che non esiste, ma cos’è la realtà di un testo, giocato, played, in quel momento.
Lo ha detto nel 1997 l’attore e regista Carlo Cecchi in un’intervista curata da Piero Ferrero. Qui Cecchi polemizza con quel teatro di regia che decide a priori cosa andrà a scoprire in un testo, apparecchia tutti i codici dello spettacolo di conseguenza e soffoca il gioco e la relazione che si sviluppa sul palco fra chi recita, lx personaggy e il pubblico convenuto. Fra le righe viene fuori che per Cecchi il teatro si gioca e il testo drammatico è il regolamento che ci diamo. Giocare il testo è più importante di analizzarlo. La realtà ultima dello scopone scientifico non è il suo regolamento, ma la mano, la partita, l’interazione fra chi gioca e le carte che escono. Continua a leggere