Con tutto il cuore. Raccontino in cui si evidenzia che Mark Fisher ha ragione quando parla di confluenza fra capitale e burocrazia

no, non faccio la rappresentante di frullatori e sì, devo mettere a posto e pulire il piano della cucina

Stamattina sono andata in uno di questi grandi centri che vendono elettrodomestici. Sono arrivata qualche minuto prima dell’apertura, ma non mi è pesato aspettare. Avevo con me La linea d’ombra di Conrad che, ripescato quasi per capriccio, si sta rivelando provvidenziale per accompagnare certe riflessioni.
All’aprirsi delle porte sono entrata. Ho perso quindici minuti buoni nel settore stereofonia, ad accarezzare il sogno di prendermi un giradischi e ricominciare ad ascoltare vinili. Senza entrare nel feticismo, l’esperienza d’ascolto è diversa, la riproduzione di materiale digitale è smaterializzata. I vinili, le musicassette, in una certa misura persino i compact disc, restituiscono l’idea che la musica sia ancora fatta da corpi in movimento. E poi, mi piace quella cosa che passati ventitré minuti al massimo vai a girare il disco. La playlist digitale può diventare sottofondo, pappa indistinta, mentre i giradischi e i riproduttori di cassette senza autoreverse ti costringono periodicamente a valutare che cosa stai ascoltando e a chiederti se vuoi ascoltare ancora, se preferisci il silenzio. Vabbè, studiavo questi stereo compatti e mi facevo mille pippe. A un certo punto mi sono destata e mi sono costretta a cercare il reparto per il quale ero andata al negozio.
Frullatori a immersione ce n’erano per tutti i gusti, da diciannove a centocinquanta euro. Ne ho scelto uno che fosse appena sopra quello più economico e ho chiesto se ne avevano un altro oltre a quello esposto.
– No, ci è rimasto solo questo. Lo prende lo stesso?
– Lo prendo.
La tizia mi chiede se ho la tessera del negozio.
– Mi sa di sì.
Apro il portafoglio e cerco. Effettivamente ce l’ho.
– Fino a domenica i punti raccolti con gli acquisti valgono il doppio.
– Ok.
Vado in cassa con il mio frullatore reinscatolato sotto braccio e penso ai passati di verdure e agli hummus che posso ricominciare fare.
– Ha la tessera?
Gliela porgo. La spara con il lettore di codice a barre.
– Questa tessera risulta anonima. Può continuare a raccogliere punti, ma non li può spendere.
– Ah.
– Senta, ora completiamo l’acquisto e poi passa al box informazioni e se la fa registrare così può spenderli.
– Ok.
Pago il frullatore, me lo rimetto sottobraccio e poi vado al banco indicato dalla cassiera.
– Salve, mi manda qui la sua collega. Mi ha detto che la tessera è anonima e va registrata.
– Quindi è molto tempo che non la usa?
Faccio mente locale. Sarà da quando ho comprato la lavatrice quattro anni fa.
– Sì, – rispondo poi, improvvisamente consapevole di ciò che sto facendo, chiedo – ma serve un documento?
– No.
– Ok.
– Nome e cognome?
– Filomena Sottile.
Mentre il tipo digita, mi viene da ridere sotto la mascherina. Va a finire che il primo documento a riportare il nome che mi sono scelta è la tessera di un supermercato.
– Mail?
Gliene fornisco una virgilio.it che non apro dai tempi che Dante discese agli inferi.
– Numero di telefono?
– Avete bisogno di tutti questi dati?
– Eh, sì.
Sono quasi tentata di dargli il vecchio numero di telefono, poi mi arrendo e gli do quello giusto, ma comincio a squietarmi.
– Codice fiscale?
– Ah, ma quindi serviva il documento!
– È la procedura.
Comincio a recitarlo a memoria
– STTF…
– Se ha la tessera glielo sparo.
Tiro fuori la tessera, la spara. A questo punto mi prende la tremarella al ginocchio. Faccio delle torsioni col collo. Il tipo guarda il monitor, schiaccia due tasti. Riguarda il monitor. Frego le dita come se sgranassi una collana di bestemmie.
– Ha un secondo nome?
– Non corrisponde il codice fiscale, vero?
– Esatto.
– Senta, sono una persona trans, mi chiamo Filomena, ma i miei documenti non sono ancora aggiornati.
– Ah, mi dice il suo nome anagrafico?
– È molto scortese da parte sua chiedermelo.
– Mi spiace è la procedura.
Pronuncio il mio nome anagrafico come una scudisciata. Lo schiocco non s’è ancora spento e lui sta già per chiedermi chissà cos’altro ma lo brucio.
– No, aspe’, mi sa che questa tessera non la voglio.
– In che senso?
– Che ci faccio con ‘sta tessera?
– Ha diritto a degli sconti ogni tot punti accumulati.
– Ne posso fare a meno.
– E ma allora me la deve dare che gliela taglio.
– Con tutto il cuore.
Gli do la tessera, il tipo tira fuori un tagliamoquette che slitta sulla superficie liscia, senza scalfirla.
Recupero il mio frullatore e passo davanti alla cassiera mentre guadagno l’uscita.
– Ha fatto? Tutto a posto.
– Tutto a posto. Ho fatto.

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