Sulla costa del libretto di Il Decoro illustrato, c’è scritto “volume 0”. Significa che già durante le prove aperte ero cosciente che quello che avevo da dire sulla questione della circolazione dei corpi, sulla loro accessibilità allo spazio pubblico e sulla criminalizzazione/criminizzabilità di alcuni di essi, non si sarebbe esaurito in quei novanta minuti di spettacolo.
Poi è venuta la pandemia. Barriere, transenne, coprifuoco, divieti, regolamenti, prescrizioni, decreti: ad alcuni corpi hanno reso l’esistenza – sempre con lo stesso schema classista, razzista, abilista, sessista, binario – ancora più ardua. Dalla cronaca di quei giorni è venuta fuori una piccola performance – Pesci rossi – un capitolo ulteriore nel solco della critica alle logiche del decoro.
Con il lento (lentissimo) allentarsi delle restrizioni lo spettacolo maggiore ha ripreso ad andare in giro. Certo, l’esperienza della gestione pandemica – oltre a falcidiarne le date – lo aveva segnato e leggermente modificato, ma l’impianto rimaneva quello. Il che mi frustrava un bel po’: continuavo a dirmi: “dovrei scucire il copione, tagliare, modificare, integrare, riscrivere”. Ma il tempo mancava: ero impegnata in altri progetti, desiderosa di lavorare su altro materiale e, soprattutto, mi mancava un buon punto d’entrata alla questione. Un po’ rassegnata mi dicevo: “un’altra promessa fallita, non ci sarà nessun seguito di Il decoro illustrato“.
Poi, nei miei mesi bui del 2023, è arrivata una richiesta: “Filo, ce lo scrivi uno spettacolo sul carcere?” Non mi sentivo l’energia di fare un bel niente, eppure, non so come né perché, ho detto sì. A fine agosto ho cominciato a lavorarci e adesso sono alla vigilia di una prima verifica in scena: sabato 14 ottobre farò una prova aperta (*) con il materiale che ho in mano attualmente. Provvisoriamente si intitola Far finta di esserne fuori e per ora si presenta così: Continua a leggere→