Un tentativo necessario. Appunti sintetici sulla chiusura della collana Quintotipo e sulle forme della riflessione femminista scritta

Questa persona amica ha voluto darmi prova che la sua è stata davvero una lettura immersiva

Quintotipo, la collana di UNO (1), oggetti narrativi non identificati, della casa editrice Alegre, ha chiuso i battenti nel maggio scorso. Oggi, nel decennale della prima uscita, Wu Ming 1 – che l’ha ideata e, insieme a Pietro De Vivo, diretta – ne traccia un bilancio.
In quella schiera di narrazioni sghembe in cui Storia e storie osano la via del molteplice anche io ho lasciato tracce. A fine 2021 la collana ha ospitato il mio Senza titolo di viaggio. Storie e canzoni dal margine dei generi e, nel maggio 2023, tre anni di lavoro a tre teste tre cuori tre coppie di mani ha prodotto Se vi va bene bene se no seghe, tentacolare biografia dialettica di Valerio Minnella.
Oggi, fra le righe delle valutazioni di chiusura, Wu Ming 1 stila una selezione di testi che, anche a distanza di anni dalla pubblicazione, rimangono inequivocabilmente UNO . Fra questi anche Senza titolo di viaggio. Colgo l’occasione per mettere giù pochi appunti che mi riprometto di ampliare non appena ne avrò tempo e forze.

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Le lusinghe dell’inclusione

A queste latitudini, sotto il giogo patriarcale, dai tempi in cui si scriveva «la donna non si metterà un indumento da uomo né l’uomo indosserà una veste da donna» [Deuteronomio 22:5], la vita delle persone che infrangono le norme di genere non è mai stata «tutta in discesa». L’offensiva odierna, tuttavia, ha la peculiarità di essere più articolata.

Si tratta dell’incipit di Le lusinghe dell’inclusione, un articolo on line da oggi su Jacobin Italia.

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Strappare il cielo e farci volare gli stracci. Nuove uscite, prossimi appuntamenti e anticipazioni

Copertina di “Stasera faremo cadere il cielo”, Zona 42

Stasera faremo cadere il cielo esce in questi giorni per i tipi di Zona 42. Si tratta di un’antologia curata da Giuliana Misserville: raccoglie racconti sci-fi scritti da persone queer. Uno di questi è mio. Tecnicamente non si tratta di fantascienza, sicuramente scienza non ce n’è e anzi l’unica cosa davvero tecnologica che trova spazio in quelle pagine  – oltre al frullatore a immersione – è un oggetto ormai caduto nel dimenticatoio.

Scivola, slitta, sbanda, disvela (l’ho intitolato così) è un doppio omaggio a Ursula K Le Guin. L’azione trova ambientazione nell’universo di riferimento di un suo delizioso manuale di antropologia fantastica, Changing planes. In secondo luogo è un esperimento mentale e narrativo della stessa specie, nelle mie intenzioni, di quello messo in campo in La mano sinistra del buio, un what if che mi pare generativo.

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Nessun compianto. Disobbedisci insieme a noi. Decolonizzare e depatologizzare la narrazione trans

A Murphy
ti ricordiamo, sibling, e lottiamo affinché non avvenga più

Lotto di coppe insidia il campo del re di bastoni

È il 14 marzo del 2024. Siamo nell’aula magna dell’ospedale Molinette, Torino. Il Centro interdipartimentale disturbi identità di genere (Cidigem) sta presentando il nuovo percorso diagnostico terapeutico assistenziale. C’è appena stato un intervento dal pubblico: una donna ha chiesto conto della somministrazione di bloccanti alle persone trans adolescenti e dei danni permanenti che, lei dice, possono causare. Noi ci agitiamo sulla sedia.

Ora, mi fa comodo supporre che tu sia fra quelle persone che di identità di genere e di esperienza trans non sa nulla. Provo a prenderti per mano e a raccontarti alcune cose. Quando senti parlare di “bloccanti” in Italia si intende una molecola, la triptorelina. Il farmaco può essere usato per mettere in pausa lo sviluppo sessuale delle giovani persone che si stanno interrogando sul loro genere e dare loro la possibilità di prendere tempo e decidere con più calma se intraprendere un percorso di affermazione di genere medicalmente assistito. Si ha piena efficacia solo con una somministrazione tempestiva, all’inizio della fase puberale. Se dividiamo, come ha fatto James Tanner, lo sviluppo sessuale in una scala da 1 a 5, deve essere somministrato entro la fase 2, dopo può funzionare solo come coadiuvante di una terapia ormonale già avviata. La letteratura scientifica dichiara che gli effetti della molecola sono completamente reversibili: all’interruzione della somministrazione lo sviluppo riprende. Tuttavia “i bloccanti ai bambini” è il nuovo punto d’attacco e leitmotiv delle associazioni transnegative di tutto il mondo, incluse quelle italiane. L’intervento della persona che ha appena preso parola ne conserva tutto il lessico e le idiosincrasie.

Ci consultiamo brevemente fra noi e in batteria chiediamo alla dottoressa che sta rispondendo alla domanda di uscire dall’ambiguità, perché il punto ci pare un altro:

– Quante persone in carico all’ambulatorio varianza di genere gestito dalla neuropsichiatria infantile prendono la triptorelina?
– Sei persone.
– Sei persone su quante?
– Sono circa il 20%.

Una piccola percentuale, come pensavamo. Ma ci guardiamo con smarrimento: potrebbe essere addirittura un po’ gonfiata, trenta in totale è una cifra inferiore alle nostre stime. Ma questa è un’altra delle storture che circondano la vita delle persone trans: ci sono poche statistiche serie che ci riguardano. Per giunta, da anni il Cidigem, a dispetto delle continue richieste di associazioni, collettivi, assemblee – inclusa la nostra, Sei trans*? – rifiuta di rendere noti i suoi numeri.

Accanto a noi c’è Cecilia Ruiz Lopez dell’associazione Genderlens che chiede:

– Quante persone fra queste sei hanno cominciato i bloccanti entro la fase Tanner 2?
– Una.

Assaporiamo la sgradevole sensazione di quando le tue più pessimistiche supposizioni sono confermate. Se prendiamo per buoni i dati che ci vengono comunicati ora, a voce, solo un trentesimo delle persone in carico al servizio prende qualcosa che blocca davvero. È una conferma del nostro lavoro di indagine dal basso: la somministrazione di triptorelina in funzione di bloccante della pubertà – contrariamente agli allarmi delle associazioni transnegative – non è poi così diffusa in Italia e nella nostra regione men che meno. Più tardi ci pentiremo di non aver posto un’ulteriore domanda, questa:

– Si tratta dello stesso farmaco che viene prescritto alle piccole persone cis il cui sviluppo sessuale viene giudicato troppo esuberante e/o precoce?

Perché sì, la triptorelina è un composto che nasce per le esigenze delle persone (o di una certa mentalità) cisgender. In realtà, in Italia, nessuno dei farmaci ormonali è studiato per le esigenze della popolazione transgender, sono tutti prescritti off label, fuori dalle indicazioni terapeutiche previste, testosterone ed estrogeni inclusi. Comunque il punto ora è un altro: qualsiasi medico di base può prescrivere i bloccanti a una piccola persona cisgender, o supposta tale, senza nessuna valutazione psicologica. Quando invece a richiederli è una persona che infrange le norme di genere ci vuole un’equipe medica (completa di bioeticista) che ne valuti l’assoluta necessità, soppesi ogni affermazione e indaghi la veridicità della sofferenza. In caso contrario ci si straccia le vesti, si denunciano transizioni forzate, si addita la presunta teoria gender. Continua a leggere

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!La mano sinistra! di Giuliana Misserville, affinità fra Estraven e Sam Gamgee e un po’ di appuntamenti dei prossimi giorni.

Copertina di Ursula K. Le Guin e le sovversioni del genere di giuliana Misserville

Esce in questi giorni per Asterisco edizioni, Ursula K. Le Guin e le sovversioni del genere, un generoso saggio che Giuliana Misserville dedica a La mano sinistra del buio, uno dei più importanti romanzi della scrittrice statunitense.

Qui di seguito, per dare un assaggio, il testo della bandella:

L’opera di Le Guin abolisce il concetto di nemico, lo smonta, fa apparire tutti i guasti che derivano da questa contrapposizione, e accoglie l’altr* come espansione della conoscenza. A distanza di più di cinquant’anni, The Left Hand of Darkness (La mano sinistra del buio) di Ursula K. Le Guin possiede ancora la stessa potenza di cui disponeva nel 1969. Giuliana Misserville ce ne restituisce una lettura queer, a partire dalla vita e dalle scritture dell’autrice, volta a sottolineare tutta la carica sovversiva e visionaria di un romanzo apripista dei canoni inversi, ambigui e tranfemministi e che, per ammissione stessa dell’autrice, è un grandioso esperimento sociale volto a decostruire il genere e a mettere in discussione i meccanismi binari della società. The Left Hand of Darkness tiene assieme individualità e utopia universale, lo spettro della morte e la gioia che apre al desiderio di conoscenza, e così facendo si pone come terreno d’incontro tra due liminalienità, il binarismo di Genly Ai e la fluidità di Estraven: una storia, la loro, di cui abbiamo ancora fortemente bisogno, centrata come è su due persone che imparano a comprendersi nonostante le barriere culturali e gli stereotipi sessuali.

Giuliana ha voluto onorarmi di un invito a far parte dell’impresa e per questo il volume è chiuso da una mia postfazione. La dozzina di pagine che ho scritto devono molto al confronto con Mad Marchetto e, prima della pubblicazione, sono passate sotto gli occhi attenti di Franco Berteni e Mariano Tomatis: grazie a tuttx e tre, sibling.

Non sto a spoilerare quel che ho scritto. Mi fa piacere invece liberare qui tre appunti, fioriti in fase di studio, che avrebbero condotto il mio testo in un tutt’altra direzione. Osservazioni per le quali sono debitrice all’infaticabile lavoro sul professore di Oxford condotto in questi anni da Wu Ming 4 e l’Associazione italiana di studi Tolkieniani: Continua a leggere

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