Ci troviamo in regime di restrizioni, con forti limitazioni nei contatti e negli spostamenti. Il governo ha gestito e sta gestendo la questione del Covid 19 dosando sapientemente incompetenza, tronfio autoritarismo, deferenza ai diktat neoliberisti e disinformazione.
Non mi dilungo qui, ho già linkato scritti che ritengo luminosi e illuminanti.
Ovviamente chi più paga le conseguenze di questa gestione criminale sono le persone che normalmente sono più esposte. Contrariamente a ciò che si è andato affermando su media mainstream nei giorni scorsi, il virus, la politica d’emergenza che ne è seguita e la devastante crisi economica e sociale che inevitabilmente ne seguirà non colpiscono tutte le persone alla stessa maniera: chi viveva una condizione di difficoltà, di discriminazione, di marginalizzazione, di indigenza, ora se la cava peggio.
Ci piovono sulla testa inviti a tapparci in casa, da una parte vengono accuratamente coltivate la paura, la diffidenza, gli istinti più bassi e ferini e dall’altro ci viene chiesto di prendere questa quarantena come una vacanza, come un modo di riappropriarci del nostro tempo. Peccato che per tantissime persone le proprie abitazioni sono posti tutt’altro che comodi e sicuri e, anche se a casa dal lavoro, non tutte le persone sono in condizione di gestire liberamente il proprio tempo. Eppure c’è chi dall’alto del suo privilegio, coi gomiti sulla ringhiera del balcone o affacciato alla finestra del proprio browser utilizza il moltissimo tempo a disposizione per spiegare alle altre persone cosa dire, cosa fare, come vivere. Parole mascherate da consigli, nel migliore dei casi, quando non infiorettate di insulti, ma in sostanza si tratta di ordini e, l’abbiamo visto in questi giorni, spesso si trasformano in delazioni (e i questori si complimentano) A chi non può fare a meno di giudicare la vita del prossimo e mostra fiero i sintomi del contagio dal virus della sbirraggine dedico una canzoncina. Si tratta di un ripescaggio da La punk spiegata alla nonna. Il testo parafrasa un supposto proverbio africano, ma per rendere il tutto comprensibile al pubblico italico gira su una struttura armonica (I-V-vi-IV) mutuata da un “eroe nostrano”. In questa nuova versione ho aggiunto un’intro esplicativa.
Purtroppo il virus della sbirragine non colpisce solo chi ha molti privilegi da godere, ma anche chi ne ha davvero pochi e potrebbe riconoscere negli altri esseri umani un sorello o una fratella. Si tratta di un comportamento incoraggiato dal sistema sociale ed economico: “individua un nemico prossimo, un capro espiatorio facile!”. Il tutto per distogliere l’attenzione dai veri responsabili della situazione: chi cioè in questi decenni ha devastato sistematicamente la sanità, deregolamentato il mercato del lavoro, tentato di asservire interamente al profitto le nostre esistenze. Esattamente come capita all’indomani di ogni disastro, in questo momento c’è chi brinda, si frega le mani e dorme sonni tranquilli. Mi sembra caschi a fagiolo questa canzoncina tratta da Il decoro illustrato. Si tratta di una rielaborazione di ‘O Ball de pezzient’, un pezzo di E Zézi Gruppo operaio.
Però, così come è contagioso il virus della sbirraggine, sono altrettanto contagiose disobbedienza, solidarietà e autorganizzazione. Sempre di più le vediamo fiorire: qui e qui e in mille altri posti e situazioni che dal mio angolo visuale ancora non vedo. Kropotkin ha dedicato un intero libro a dimostrare come il mutuo appoggio sia una delle scintille fondamentali del percorso evolutivo degli esseri viventi. Se il suo discorso meriterebbe oggi tanti aggiornamenti resta ancora attualissima la sua conclusione:
Nella pratica del mutuo appoggio, che risale ai più lontani principî dell’evoluzione, troviamo così la sorgente positiva e sicura delle nostre concezioni etiche; e possiamo affermare che nel progresso morale dell'[essere umamo], il grande fattore fu il mutuo appoggio e non la [competizione]. Anche ai giorni nostri, è in una più larga estensione di esso che vediamo la migliore garanzia di una più alta evoluzione della nostra specie.
Il presente, il futuro, la speranza ce la costruiamo noi con l’autorganizzazione, la solidarietà e la disobbedienza. Fin da adesso.