Oggi il mio spettacolo La punk spiegata alla nonna fa tre anni dal suo debutto, negli anni scorsi avevo celebrato il completamento delle sue rivoluzioni solari (qui e qui). Quest’anno mi limito a esprimere la soddisfazione per il fatto che sembra non patire il passare del tempo, che ancora ci sono persone che me lo chiedono e non escludo di portarlo ancora in giro. (Qui le indicazioni per leggerne il testo)
Attualmente però sono in full immersion nella scrittura di questo libro che probabilmente si chiamerà Senza titolo di viaggio e potrebbe vedere la luce nella seconda metà di novembre. Interromperò la clausura solo per onorare impegni già presi tempo fa a Brescia, Mantova, Roma. Sto dirottando tutte le altre date di Mostre & Fiere al mese di ottobre.
Una breve considerazione: Senza titolo di viaggio è un’espressione che sembra anche descrivere la situazione attuale del paese. Il governo ci chiede di avere le carte in regola, di adeguare i nostri comportamenti, di perfezionare le nostri posizioni, pena l’impossibilità di muoversi, di incontrarsi, di partecipare alla vita collettiva. Come ha precisato il collettivo Wu Ming qualche giorno fa, non è solo questione di farsi vaccinare o no. Il punto è che lo stato autoproclama il suo essere dalla parte della ragione, ingrassa i privati, spende i soldi in militarizzazione e grandi opere devastanti e inutili e scarica le responsabilità della crisi sulle sue cittadine e cittadini. Cittadinanza che a questo punto spetta pienamente solo a chi si mette in regola. La morsa del controllo si stringe, le porte si fanno sempre più strette, gli steccati sempre più alti. Ancora una volta la parola d’ordine mi pare che sia quella di occupare il confine, abitare la frattura, vivere la contraddizione. È da quel margine che possiamo ricordarci chi siamo, stringere alleanze e provare a mettere in crisi la macchina governativa (neoliberista, eterocispatriarcale, razzista, abilista).
Ne approfitto anche per tre brevi segnalazioni.
1) Recentemente il mio nome è comparso nelle pubblicazioni di due accademiche. Nel numero di maggio 2021 della rivista Endoxa, Angela Balzano discute di Riproduzione mostruosa: crimine, patologia, plusvalore e promesse di riappropriazione. (Qui)
Ne La mostruositrans Filo Sottile rivendica la sovversione della natura, si dichiara cyborg, ma non in quanto prodotto della tecno-industria, piuttosto in quanto persona autodeterminata, che si serve delle nuove tecnologie per hackerare il sistema binario dei generi.
La precisazione doverosa è sempre che in quanto persone trans e femministe non cerchiamo soluzioni tecnologiche al nostro disagio, ma soluzioni politiche. Il nemico è l’eterocispatriarcato non i nostri corpi o una fantomatica natura. Il nostro rifugio, la nostra speranza, si muovono con le lotte transfemministe, antirazziste, anticapitaliste per la autodeterminazioni dei corpi, delle esistenze, dei territori.
2) Sul numero 16 di Storia delle donne, Alessandra Consolaro traccia una panoramica articolata della situazione delle persone di genere non conforme nell’India contemporanea. (Qui)
Idealmente, l’accesso alla cittadinanza sociale può essere una potente arma di emancipazione per i gruppi svantaggiati e oppressi. Ma lo studio critico in ambito queer e femminista ha messo in luce come spesso la cittadinanza operi come una categoria di esclusione. La cittadinanza non è necessariamente un ideale potenzialmente liberatorio, ma è anche una tecnologia di sorveglianza e controllo, antitetica alla giustizia sociale.
E di nuovo siamo a chiederci cosa significhi cittadinanza e quale sia il suo prezzo e se e quali porte schiude.
3) La settimana scorsa ho incontrato la giornalista e fotografa Daniela Sala. Abbiamo camminato un po’ e poi ci siamo fatte una chiacchierata a favore di registratore sulle sponde di un Po sempre più a secco d’acqua. La registrazione è qui. Si parla di esperienza trans e DDL Zan. Dopo gli articoli di Consolaro e Balzano potete ri-sprofondare negli abissi della mia parlata tentennante e imprecisa.
Ci mettiamo in cammino anche senza titolo di viaggio. Ci vediamo per le strade.