Ricordo di Nino Casciaro

Il 18 gennaio è morto Nino Casciaro, compagno no TAV del coordinamento dei comitati della valsangone e della collina morenica.

Oggi c’è stata una partecipatissima commemorazione di Nino. Le testimonianze delle persone che lo hanno conosciuto hanno restituito il profumo di un’esistenza ricca, sfaccettata, generosa. Lascio qui un piccolo ricordo mio.

Il nostro primo incontro fu quando con i comitati no tav scendemmo in Liguria per il decennale di Genova 2001. Da lì tante assemblee, pranzi, manifestazioni, picchetti.
Mi restano vividi i ricordi delle notti trascorse insieme a cantare, chiacchierare e presidiare il fortino cantierizzato della Val Clarea. Non posso dimenticare i pistolotti interminabili con cui Nino spiegava alle forze militari che non avevano diritto di stare lì e che potevano aspirare a qualcosa di meglio che fare i cani da guardia di faccendieri e devastatori.
Soprattutto non posso dimenticare un frangente dell’estate 2018 che ho raccontato qui.

– Non è facile dirlo e quindi ve lo dico nella maniera più secca possibile, da quasi tre mesi ho iniziato un percorso di transizione di genere…
Mentre parlo scruto i visi: alcuni sono tesi, altri emozionati, quelli delle donne vanno tutti a cercare lo sguardo di Sara, probabilmente, mi dico, si stanno calando nei suoi panni: cosa farei, si chiedono, se il mio compagno di vita, il padre dei miei figli, facesse quello che sta facendo ora Filo?
– Voi per me siete una specie di seconda famiglia, mi avete insegnato cose importanti sullo stare insieme, su come si discute, su cosa significhi fare politica…
Per quanto sgangherato sia il mio discorso, qua e là ci sono lacrime che si appendono agli occhi, poi quando ho quasi finito, Nino parte di slancio e dice:
– E noi ti vogliamo bene lo stesso! – e mi abbraccia.

Grazie. Grazie ancora. Grazie di tutto. Buon viaggio

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anche

vogliamo anche i pronomi
– anche –
e i sostantivi
i verbi
avverbi ed aggettivi
e la cosa più importante
vogliamo quelle parti
che permettono
che ci permettono
di articolarci
in una storia
in un discorso
in una discussione
in un diverbio
riconoscerci in un canto
nelle molte voci di un coro
tante volte discordanti
in una musica
armonia e contrappunto
mica solo i pronomi
vogliamo la memoria
l’intesa del presente
l’intelligenza del presente
uno schizzo di futuro
insieme
e anche
anche
i pronomi

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Un anno “Senza titolo di viaggio”, i passi della danza di oggi, i prossimi appuntamenti

Questa persona amica ha voluto darmi prova che la sua è stata davvero una lettura immersiva

Il 9 dicembre casca l’anniversario di uscita di Senza titolo di viaggio. Questo libro che non è un memoir, non è un romanzo, non è un saggio, non è una sceneggiatura di musical, non è un collage di aneddoti, non è critica queer, non è un catalogo di letteratura fantastica e nemmeno di canzoni straccione. Non è nessuna di queste cose perché è anche ognuna di queste cose. È – programmaticamente – quell’anche, sceglie di muoversi  in quell’anche. È congiunzione e articolazione. È quello spazio di mezzo in cui c’è aria respirabile e possibilità di tendersi la mano o qualsiasi altra parte del corpo che permetta di tastare, conoscere, stare insieme. E quindi oltre i binarismi – per esempio le contrapposizioni serio-faceto, riflessione-narrazione, singolare-plurale, alto-basso, pop-underground, naturale-artificiale, Stanlio-Ollio –, spinta dalla solita urgenza punk, ho unito pezze di teoria queer, brandelli di esperienze, strisce di conversazioni, trame di storie, fibre di pensiero radicale con l’obiettivo di farci una fune. Il tentativo era di farla lunga abbastanza e resistente il giusto per calarsi giù dalla cella in cui le nostre istanze sono richiuse. Questa che ho fatto non è la fune definitiva, perché non c’è una fuga definitiva, né una sola cella, né una fune che possa essere rivendicata da una sola persona. Le nostre fughe sono/continuano a essere un movimento antitetico a quello diretto dal capitale e dagli stati nazione. Quel movimento che è l’eterna ricombinazione modulare e seriale di omologazione, intruppamento, messa a reddito, atomizzazione, dispersione. Il nostro movimento invece è composito e multilivello, un’articolazione complessa. Oggi ipotizzo che sia composto di Continua a leggere

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Santo futuro, calendario di settembre, in fondo a sinistra…

Buongiorno, diamoci un benvenutx in questo autunno 2022. Che odore fa l’aria? E la temperatura? State accumulando un numero di coperte di lana sufficienti a non farvi accendere i termosifoni? Confidate che il riscaldamento globale ci regalerà un inverno particolarmente mite?

Sia come sia: il clima elettorale non fa presagire nulla di buono. La destra-destra ci promette autentiche politiche di destra e ci dà l’impressione che sia in grado di tenere fede a quanto dichiara, la destra-sinistra ci chiede un voto per scongiurare il pericolo della destra-destra e poter proseguire con l’ormai trentennale tradizione delle politiche di destra-mancina. Nel mese di agosto ho riletto per intero Il suffragio universale di Errico Malatesta, credo che mi atterrò ancora una volta alle sue preziose indicazioni, ma sono molto preoccupata. Qualunque sia l’esito delle urne prevedo friddu e fame.

Domanda: sapremo costruire dal basso, fuori dagli emicicli in cui si ratificano le indicazioni dei signori delle guerre, dell’energia, del capitale finanziario, quelle intese operative e quelle azioni radicali capaci di fronteggiare questa fase? Mi sforzo ancora una volta di pronunciare quell’adagio: “lasciamo il pessimismo a tempi migliori”. Su un piano più terra-terra, io ricomincio ad andare in giro. Inizio con tre date piemontesi (anche fuori dal capoluogo). Eccole: Continua a leggere

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Guàrdati da quel mese se ti è richiesto obbedire. Di nuovo. Qualche considerazione sul rainbow washing, il burn out e il calendario dell’estate

In quel mese lì la cacca di unicorno assume una colorazione arcobaleno

E finalmente eccoci nel mese del rainbow washing, quel mese in cui i brand supposti friendly e persino qualche istituzione vi invitano a millantare amicizie frocie. Quel mese in cui le persone frocie possono fare le loro carnevalate in piazza, a patto che consumino un po’ di più. Quel mese in cui le persone frocie presentabili e meritevoli vengono esposte mediaticamente, le loro lacrimevoli storie raccontate nei particolari più scabrosi. Però in quel mese è anche tutto un fiorire di arcobaleni, sorrisi e “love is love”. Ed è il mese in cui meno ancora degli altri è consentito esternare la propria rabbia e argomentare che misoginia, discriminazione e violenza nei confronti delle persone che hanno orientamenti sessuali/affettivi e identità di genere diverse da quelle etero-cisgender sono la diretta conseguenza di una società ordinata secondo gerarchie patriarcali e sostenuta da politiche capitaliste neoliberali. Questo è anche quel mese in cui chi ha cariche pubbliche e ha firmato provvedimenti liberticidi, razzisti, bellicisti, devastanti per l’ambiente, ha foraggiato associazioni antiabortiste, ha aperto le porte alle privatizzazioni nel sistema sanitario, continua ad amministrare le città a suon di “dehor e decoro”, ha chiuso, sgomberato, soffocato tutti quegli spazi di aggregazione, socialità, cultura sorti dal basso e non legati a logiche di profitto e, in definitiva contribuisce nelle sedi istituzionali alla lotta di classe dei ricchi contro le persone povere e dell’eterocispatriarcato contro quasi tutte le forme di vita, viene in piazza a farsi due selfie e ad appuntarsi al bavero la medaglia di paladino delle libertà neoliberali. Siamo proprio in quel mese lì, divinità radioattiva, e non si regge più.

Ma c’è altro oltre ai dolori del sesto mese dell’anno. Lo so bene che stanchezza cronica, ansia, angoscia, depressione, frustrazione sono sempre più diffuse fra le persone qui in basso. Come dice la saggezza proletaria: “mal comune, zero gaudio”. Risposte ottimali sarebbero: autorganizzazione, mutualismo, contrasto allo sfruttamento lavorativo.  Ci lavoriamo, sibling?

Nel frattempo, nell’immediato, mentre aspettiamo la rivoluzione, a me tocca un minimo di autotutela Continua a leggere

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