Il libro
Il Canzoniere delle pippe (SEed edizioni) uscì nel 2008. Allora lo presentavo così: “Io penso che nel sesso in solitaria, indipendentemente dal genere e dalle preferenze sessuali del praticante, la capacità immaginativa della persona raggiunga il suo culmine terreno, e forse ultraterreno, chissà… è in qualche modo una forma d’arte, un’attività nella quale si possono scoprire i limiti ultimi della propria possibilità demiurgica; inoltre è una maniera ecologica di volersi del bene: un modo per poter capire a fondo e con cognizione di causa ciò che poeti e cantanti famosi continuano a ribadire: a questo mondo c’è tanto bisogno d’amore”. Nel Canzoniere delle Pippe si canta di ciò”.
Dal 2016 è fuori catalogo. Col senno di poi, mi preme dire che scriverlo è stato fondamentale per accrescere il mio stato di consapevolezza, ma che è un’opera troppo poco queer perché possa ritenermene completamente orgogliosa.
In Sì trav ne parlo così:
Nel 2008 esce il Canzoniere delle pippe, una mia raccolta di poesie eroticomiche. Ho 30 anni e a questo punto sono più di tre lustri che indosso panni femminili in privato. La poesia che apre la raccolta contiene due versi che potrebbero suonare transfobici o quantomeno offensivi per le persone che si travestono, eppure li lascio, scientemente, perché nessuno possa dubitare che io sono proprio un «maschio vero» a cui piacciono, ovviamente, le «femmine vere». È un copione infame ed è uno strazio recitarlo, ma non mi sottraggo.
Ci torno ancora in questa intervista al blog letterario La Môme.
La meravigliosa immagine di copertina è di Federica Bartoli.