Guida turistica degli aldilà possibili

Non sono abbastanza filosofa per argomentare per bene, ma sono abbastanza punkettona per fottermene e fare lo stesso un po’ di filosofia dei bassifondi.
Mi pare che la nostra società abbia un grosso problema con la morte, cioè no, meglio: con l’impermanenza.

Aleggia puzzo di morte su la gran parte dei prodotti che maneggiamo: sanno di morte le materie plastiche di cui ci circondiamo; morte sbuffa dai motori a scoppio che usiamo per spostarci; di morte sanno le acque dei nostri mari cosparsi di cadaveri di persone migranti; di morte, per lo stesso motivo, prendono odore i valichi di montagna; se ti chini ad annusare l’odore dell’asfalto nuovo, sa di morte anche quello; i dispositivi a batteria che maneggi, sono wireless ma un invisibile filo di morte li collega alle cave da cui si estraggono le materie prime per produrli e, quando ce n’è il tempo, i corpi delle persone che li cavano; morte è un brand persino, come il made in Italy delle guerre disseminate sul globo; sarebbe troppo facile parlare della morte che trabocca negli allevamenti di animali non umani, ma è la stessa identica morte fisica, psichica, relazionale che dà forma ai luoghi di concentrazione e produzione per animali umani. E potrei continuare.
Tuttavia questo proliferare della morte non allarma e anzi è la garanzia del perdurare di un certo modo di fare le cose e di una certa classe sociale, economica e politica che di quell’agire e di quell’agito si nutre. Però ‘sta gente che non teme tutta questa morte, si caca sotto per l’impermanenza e si abbarbica alle posizioni che occupa, alle cose che possiede, a quelle che ruba, a quelle che brama, persino a quelle che deturpa.

Noi invece no. Noi amiamo cantare quella canzone là (ma non la seconda strofa, ché di Leonida non ce ne frega un cazzo), quella che dice che la casa e di chi l’abita, che la terra è di chi la lavora e che il tempo è di chi fa filosofia. Allora eccoci a vivere appieno il nostro tempo facendo filosofia da bassifondi. Quella morte che avvelena l’acqua, l’aria, la terra, gli esseri viventi e i loro legami ci disgusta. Siamo per la vita, una vita che è incontro, mutazione, relazione e che è, di necessità, impermanente. A un certo punto, lo sappiamo, ce ne andremo e, con filosofia, sappiamo che ci serviranno guide per esplorare tutti gli altrove che attraverseremo. La più completa di queste opere è la più recente uscita della rivista Čapek: Guida turistica degli aldilà possibili. Fino al 6 luglio è preordinabile qui.
Io sono piuttosto orgogliosa di rendere noto che la voce riguardante il Centro reincarnazioni l’ho compilata io ed è stata illustrata in maniera molto potente e pertinente da Croma. Colgo l’occasione per ringraziare ancora tanto Francesca kanzi che mi ha coinvolta e mi è stata accanto in questa avventura.
Ci vediamo di là. Al di là.

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